15/05: ancora una domenica piovosa (“non sembra nemmeno Maggio!”), da cui è derivata l’opportunità di iniziare la settimana di gioco con la famiglia. I giovani giocatori non si sono trovati d’accordo, né sui tempi né sui titoli, per cui abbiamo dovuto dividerci in modo da accontentarli entrambi. Strappato da un cartone animato, Matteo ha partecipato ad una sfida a due a Carcassonne (Klaus-Jürgen Wrede, 2000) che, senza ombra di dubbio, rimane il suo titolo preferito. Daniele ha invece richiesto una partita a Ticket to Ride Europe (Alan R. Moon, 2005) in almeno tre giocatori. Dato che Matteo si è negato, è dovuta intervenire la mamma, temibile avversaria che non gioca spesso, ma quando lo fa non perdona. Ne è seguito uno scontro serrato, che ha visto vincere (come previsto) l’unico rappresentante del gentil sesso, mentre i due uomini si sono piazzati in ordine di età.
Fortunatamente Daniele ha dato dimostrazione di grande savoire-faire, accettando con signorilità la sua ultima posizione.
Incoraggiati dalla scritta 8+ sulla scatola, abbiamo approfittato del terzo giocatore per provare con Daniele anche Quadropolis (François Gandon, 2016), nuova produzione della Days of Wonder, disponibile in italiano grazie ad Asterion Press. Il gioco (2-4 giocatori, dagli 8 anni, durata 30-60 minuti) ha tema e meccaniche che non sono particolarmente innovative (costruzione città attraverso piazzamento tessere), ma il sistema di acquisizione e i vincoli di piazzamento sono sufficientemente originali, e ne fanno un buon gioco di peso intermedio (tendente al leggero nella versione Classic, quella che abbiamo giocato noi; sicuramente più impegnativo in quella Expert). Purtroppo l’esperimento non ha avuto molto successo. Daniele ha fatto piuttosto fatica a seguire il flusso di gioco. Non certo per il corpo delle regole, che è semplice e contenuto, ma probabilmente per la necessità di mantenersi flessibili (condizione imposta dall’interazione fra giocatori, che avviene quasi esclusivamente come competizione per le tessere) e quindi di tenere aperte le opportunità di inseguire più obiettivi simultaneamente, il cui peso può variare durante la partita. Il giovane giocatore ha dichiarato di essersi divertito, ma l’impressione è che si sia smarrito lungo la strada.
16/05: alcune serate ludiche vanno diversamente da come ti eri immaginato: gli astri si allineano in modo da far saltare ogni possibile programmazione. Lunedì, al posto dei soliti 4-6 giocatori abituali, ci siamo ritrovati in 2. Occasione per rispolverare o provare un po’ di giochi che non escono spesso dalle scatole. Abbiamo iniziato con Tides of Time (Kristian Čurla, 2015), titolo per 2 giocatori, dagli 8 anni, della durata di 15-20 minuti, localizzato in Italia grazie ad una collaborazione fra Cranio Creations e Uplay.it edizioni. Il gioco appartiene a quella classe di giochi minimali, composti da pochi elementi, diventati famosi grazie ad incredibili autori giapponesi come Hisashi Hayashi o Seiji Kanai, e che esercitano su di me un fascino irresistibile. Tides of Time è composto da 18 carte (più 4 tessere promemoria, un blocchetto segnapunti e una matita, in modo da far sembrare la scatola più piena!); 15 di esse hanno un “seme” (3 carte per ciascuno dei 5 semi), 3 sono neutre. Ogni carta ha anche una abilità speciale (di solito fornisce punti in base ad alcune condizioni di maggioranza o collezione di set). Il gioco, che consiste in un semplicissimo draft, si sviluppa su tre round, in ciascuno dei quali i giocatori iniziano con 5 carte in mano. Ne scelgono una, passano le restanti all’avversario, scoprono la carta scelta. Il processo si ripete finché tutte le carte vengono giocate. SI procede allora alla valutazione delle carte (il proprio regno). Le cinque carte giocate vengono riprese in mano: una di esse viene scartata, l’altra diventa parte integrante e inamovibile del regno, e fornirà punti nei round successivi. I giocatori pescano due carte a testa (reintegrando le carte in mano a 5) e inizia un nuovo round. Le regole sono semplici, ma le implicazioni strategiche molteplici: ad esempio il potenziale delle abilità varia di round in round (perché varia il numero di carte che comporranno il regno), ed è molto difficile, se non impossibile sfruttare le stesse combinazioni in due round successivi. A questo aggiungete il solito compromesso fra inseguire i propri obiettivi e ostacolare quelli degli avversari, e capirete perché le scelte interessanti non mancano anche in un gioco di sole 18 carte. Ovviamente, la conoscenza delle stesse è fondamentale, come mi hanno insegnato le due partite fatte.
Un’altra mia passione sono i giochi astratti. Dato che la maggioranza di questi funziona al suo meglio in due, ne ho approfittato per rispolverare Ekö (Henri Kermarrec, 2015) e DVONN (Kris Burm, 2001). Il primo è un titolo per 2-4 giocatori, dai 10 anni, della durata di 30-60 minuti, edito dalla belga Sit Down! di cui vi ho parlato la settimana scorsa a proposito di Karnag. Ekö è un gioco di conflitto, in cui la plancia è inizialmente occupata per intero dai pezzi dei giocatori. I turni sono semplici e veloci (consistono in spostamento di una propria pila o costruzione/avanzamento di un edificio); la duplice condizione di vittoria, insieme al continuo recupero di pezzi esalta la componente di “attrito” del gioco, che resta comunque estremamente dinamico. DVONN è invece uno dei pezzi da 90 del progetto GIPF, giochi astratti da due che hanno rilanciato il genere a cavallo del millennio.
In DVONN la plancia, inizialmente vuota, viene completamente riempita durante la prima fase del gioco (da 3 pedine rosse, chiamate DVONN, e 46 pezzi dei giocatori, metà bianchi e metà neri). Quindi i giocatori si alternano, muovendo e impilando i pezzi presenti sulla scacchiera. Solo pezzi liberi da un lato possono essere mossi, e ogni pila si deve spostare, in linea retta, di tanti passi quanti sono i pezzi che la compongono. Ogni pezzo che non sia collegato, anche in modo indiretto, ad una pedina DVONN, viene rimossa dal gioco. La partita termina quando non ci sono più mosse da effettuare, e vince il giocatore che controlla più pedine. Entrambi i giochi sono molto interessanti, e hanno una evoluzione molto differente: in Ekö i giocatori acquistano libertà di movimento con l’avanzare della partita, mentre in DVONN la situazione tende a cristallizzarsi verso la fine del gioco, garantendo la vittoria a chi riesce a mantenere aperte le proprie scelte. Tirando le somme, una serata diversa e molto piacevole.
17/05: anche questa settimana sono riuscito a ritagliarmi lo spazio per una serata dedicata ai Living Card Game. Dato l’incombere dei tornei regionali nei mesi di Maggio-Luglio, preambolo al torneo nazionale che si svolgerà a Modena, il 3/4 Settembre, anche questa volta il gioco dominante è stato Android: Netrunner. Contro però di poter rigiocare al più presto anche ad Ashes: La Rinascita dei Phoenixborn.
18/05: niente gioco giocato, ma ancora occasione per manipolare scatole di giochi. Mercoledì è stato il compleanno del mio secondogenito: Matteo (6 anni!). Fra i regali che ha ricevuto, facevano bella mostra di sé ben due scatole: Carcassonne Star Wars (che coniuga le sue due passioni del momento) e Dr. Eureka, gioco di destrezza fisica e mentale.
19/05: Dati i nuovi arrivi, è stato impossibile non allestire una seduta ludica familiare nel tardo pomeriggio. Abbiamo giocato a Carcassonne Star Wars (Klaus-Jürgen Wrede, 2015), variante sotto licenza pubblicata in occasione dell’uscita del settimo episodio della serie. Da anni l’autore di questo blockbuster ne elabora varianti per sostituire l’ingombrante presenza di campi e contadini, che donano profondità al gioco, ma sono anche piuttosto complicati da spiegare, visualizzare ed utilizzare. Nell’edizione Star Wars sono state introdotte le seguenti modifiche (se non conoscete il gioco base, potete leggerne una corposa recensione su ILSA#15):
– campi e contadini sono stati eliminati;
– sono stati inseriti simboli equivalenti agli “scudetti” delle città anche per le “strade” (ora rotte commerciali) e i “monasteri” (ora pianeti). Tali simboli sono di 3 tipi (i tre schieramenti presenti nel gioco) e, in fase di valutazione, valgono sempre 2 punti (sia durante che a fine gioco), indipendentemente dallo schieramento di appartenenza del giocatore;
– è possibile mettere un proprio meeple su un pianeta/monastero anche quando piazza una delle tessere ad esso adiacenti, e anche nel caso che sia già occupato da un altro giocatore. In quest’ultimo caso si verifica un combattimento;
– introduzione del combattimento: non è più contemplata la compresenza di giocatori diversi su una stessa feature: quando un piazzamento fa sì che meeple di giocatori diversi siano sulla stessa zona, avviene uno scontro. Ogni giocatore riceve un dado per ogni meeple presente (e un dado se nella zona c’è almeno un simbolo del proprio schieramento). I giocatori lanciano i dadi, e considerano solo il valore maggiore. Chi ottiene il valore più alto vince e rimane in gioco, gli altri ritirano i segnalimi e fanno un punto per ogni dado lanciato. In caso di parità, i giocatori ricevono un punto e ripetono lo scontro, finché non viene determinato un vincitore.
Le modifiche sono chiaramente fatte nell’ottica di una maggiore dinamicità e semplicità, rendendo il gioco ancora più destinato a un pubblico occasionale. Elevato il fattore di conflitto, che ha lasciato spiazzati alla prima i partita i due giovani giocatori.
La sera, usuale appuntamento con il gruppo di giocatori. Essendo in 5, e non volendo tirarla troppo per le lunghe, abbiamo optato per Hansa Teutonica (Andreas Steding, 2009) vero e proprio classico gioco german. Gioco praticamente privo di ambientazione, ma affascinante nelle meccaniche, grazie ad un ventaglio estremamente variegato di tattiche utilizzabili, la cui efficacia dipende fortemente dalle scelte degli avversari: i diversi criteri di fine gioco e le variegate fonti di punteggio obbigano a tenere la guardia alta su più fronti. Se volete saperne di più, potete leggere questo breve articolo.
Tirando le somme, un’altra ottima settimana. E voi, a cosa avete giocato?