Un collaborativo dove i 4 giocatori cooperano nell’assedio ad un castello aspettando di tirarsi pugnalate alla schiena nel momento decisivo per essere il primo a mettere un pezzo sulla casella che determina il vincitore non pare una cattiva idea. Soprattutto se l’ambientazione è fantasy e i 4 comandano eserciti di “cattivi” fortemente differenti fra loro uniti solo da un boss da ammaliare con offerte e prodezze per riceverne i privilegi. Allo stesso tempo le regole non davano alcuna sicurezza sulla bontà del design del gioco e ho dovuto aspettare che Sergio comprasse a sorpresa proprio quel gioco di cui nessuno ha mai parlato per testarne la bontà.
La normalità
La base del gioco è ciò che tutti voi potreste aspettarvi: la vostra fazione avrà una rendita ogni turno da spendere per acquistare e schierare truppe da mandare ad invadere il castello dalla vostra parte di muro. In effetti potreste anche spostarvi in una sezione di muro altrui, ma gli avversari potrebbero equivocare la vostra voglia di collaborare e pensare che le vostre unità siano lì per tirare brutti scherzi.
Ogni turno avrete 5 movimenti per spostare i vostri pezzi (massimo 2 spazi cadauno, uno solo per i pezzi lenti) e poter poi attaccare con un lancio di dadi le mura o qualche difensore sopra attestato (se avete armi da tiro o scale). Lo scopo è quello di far arrivare qualcuno nella casella centrale del castello entro l’ottavo turno, pena la sconfitta generale. Per riuscirci ci saranno da superare almeno 2 cinte di mura e tutti i difensori che il castello richiamerà di turno in turno e che i vostri compagni di gioco potrebbero spostare (invero spesso costretti dalle regole) ad ostacolare il vostro tragitto.
Il motore del gioco alternerà alle mosse delle varie fazioni in gioco l’estrazione di carte dei difensori che provvederanno a simulare le tipiche azioni degli assediati (olio bollente, sortite di cavalleria, ricostruzione di fortificazioni già abbattute e miracolose edificazioni lampo di edifici cittadini) e a far spostare i pezzi comparsi a difesa del castello (ben differenziati con maghetti, nani, cavalieri, moschettieri, arcieri halfling e 3 potenti eroi con tanto di abilità speciali e mazzettino con magie) con l’aiuto del giocatore al momento designato a fare le veci del buono, ruolo che cambia di mano ben più soventemente della ciotola con le patatine. Il numero di reazioni dei difensori potrebbe diminuire durante la partita se i giocatori si impegnassero ad abbattere intere sezioni di muro invece che frantumarne quanto basta per passare alla cerchia più interna del castello con le proprie unità.
Il collante fra i giocatori
A tenere i 4 giocatori uniti nella loro lotta fino alla pugnalata finale ci sono sostanzialmente due elementi: il Boss e la teorica difficoltà del gioco.
Il Boss è colui che ha messo insieme i vostri 4 eserciti (che, a proposito, sono: paurosi non morti, elfi ladri, goblin bombaroli e arcanisti). Ogni vostra azione nella giusta direzione, tipo la rimozione di sezioni di muro, uccisione di eroi o di terzetti di difensori, fra crescere il vostro prestigio presso di lui e vi aiuterà ad ottenere il suo favore all’inizio di ogni turno… insieme alle monete offerte in asta cieca al momento adeguato, ovviamente. Questo aiuto si concretizzerà in una carta del suo speciale mazzo a scelta fra le due pescate (fra cui quella che costringerà i vostri compagni di gioco a gridare “Viva il Boss [vostro nome]” per 3 volte di fila o subirne le conseguenze), nella possibilità di passare dei soldi ai vostri compagni di assedio (ahahahahahahh) e, soprattutto, nella certezza di non poter essere attaccati da unità delle altre 3 fazioni per quel turno… a meno che non lo facciate voi per primi.
La difficoltà del gioco è invece paventata dal manuale che dubita che giocatori poco esperti possano riuscire nell’impresa. Tale diceria ha fatto in modo che approcciassimo il gioco come se fosse un collaborativo puro, giocando ad intralciarci il meno possibile e rischiassimo addirittura di far finire il gioco al quarto turno, prima che gli assediati avessero veramente modo di reagire… e regalando invece una comunque facile e inaspettata vittoria due turni dopo (ma comunque all’una di notte per colpa di regoline e regolette sempre da chiarire con ricerche spesso infruttuose sul manuale) nonostante la casella centrale fosse praticamente accerchiata da difensori. Se i giocatori insomma non provvedono a intralciarsi a vicenda la partita credo perda un poco di senso.
Le 4 differenze di veduta
Le 4 fazioni devo dire che sono veramente ben differenziate. I non morti lenti e inarrestabili (tante ferite, possibilità di rinascita dopo la morte e spettri che possono pure attraversare i muri), gli elfi fragili ma ben equipaggiati con armi a distanza e metodi per scalare facilmente i muri, i goblin che si suicidano nel tentativo di far esplodere muri o avversari e gli arcanisti che teoricamente hanno la magia dalla loro (in pratica non si è mai visto Sergio lanciarne una, a testimonianza della non esaltante scelta di possibilità… o comunque della loro non immediata appetibilità). Ogni fazione ha il suo mazzetto di carte da cui attingere “effetti speciali” e una scheda che riporta i poteri speciali di ogni sua unità (perché tutte ne hanno, come dovrebbe essere in ogni fantasy che si rispetti). Il fatto che poi molti di questi effetti speciali non siamo arrivati ad usarli perché diretti verso i nostri compagni di assedio piuttosto che verso i difensori non è certo un difetto che posso imputare al gioco!.. oppure sì?
Per il resto dadi inutili a profusione
Dove il gioco non dà il meglio è invece nell’utilizzo dei dadi. Nella confezione troverete 4 dadi speciali: uno rosso e 3 bianchi. In entrambi i casi 4 delle 6 facce sono bianche e senza effetto alcuno. Sulle altre due facce dei dadi bianchi vi sono delle spade simboleggianti il classico “a segno” come su una delle facce del dado rosso. Sulla faccia rimanente del dado rosso vi è un (bel) teschio fiammeggiante che simboleggia un “a segno e rilancia pure 3 dadi bianchi in aggiunta”. Potete immaginare come le unità abbiano un valore che vi dirà quanti dadi lanciare (di cui il primo sarà rosso e i rimanenti bianchi) per far danni all’unità attaccata (o contrattaccata, visto che questo è ciò che succede se le abilità dei vari pezzi non lo impedisce). Quello che è fastidioso (oltre alla banalità del sistema) è che con la media di un solo colpito ogni 3 dadi capita di fare lanci su lanci senza che la situazioni sul tabellone cambi in modo rilevante… oppure che un colpo di fortuna elimini inaspettatamente un’unità che era ben lungi dal rischiare qualcosa.
A ribadire l’irritazione verso i dadi c’è il fatto che il gioco li utilizzi anche per verificare l’utilità di alcune abilità speciali e bonus dovuto a posizioni sulla plancia come armature, coperture e perfino effetti come la “paura” utilizzata dai non-morti che funziona tramite il pagamento di punti magia (non vi avevo detto che c’erano? Avendo a che fare con lettori intelligenti sapevo che ci sareste arrivati) e che provocherebbe (dadi permettendo) la semplice impossibilità di contrattaccare (cosa che già di per se non è detto che faccia danni).
Un’utilizzo veramente pessimo, insomma, dei dadi speciali che fa rimpiangere le possibilità dei dadi a sei facce.
Concludendo
Su quattro partecipanti alla serata ho letto in faccia a ben due partecipanti la richiesta di poter evitare di provarlo di nuovo. Sergio, il proprietario, è invece della mia stessa idea. Rigiocarlo un’altra volta per giustificare la fatica fatta nell’interpretare le regole e cercare di utilizzare al meglio le carte a disposizione delle fazioni… e poi rimetterlo nell’armadio per non farlo più uscire.