“Spyrium” di William Attia (Asmodee, Ystari Games, 2013): dopo otto anni dal capolavoro indiscusso che gli è valso l’ingresso nell’empireo dei grandi game designers pur avendo inventato un solo gioco (sì, proprio quello: Caylus), Attia torna sulle scene con un titolo nuovo, ancora una volta pubblicato dalla casa editrice francese diventata famosa per i suoi giochi cerebrali. Le aspettative non potevano non essere alte, e proprio per questo ho preferito farle sbollire, lasciando trascorrere qualche mese prima di provarlo.
Spyrium è di fatto un gioco di aste e di manipolazione risorse, incentrato attorno ad una interessante rielaborazione delle aste con prenotazione, legate cioè al piazzamento di propri lavoratori per indicare quali sono gli oggetti che siamo interessati ad acquistare. Di fatto si tratta di una delle possibili reimplementazioni dell’asta olandese che escluda il fattore “tempo reale”, come era già stato proposto da Stefan Feld in in “The Speicherstadt” (Eggertspiele, Pegasus Spiele, Z-Man Games, 2010).
In Spyrium il meccanismo è modificato in molti modi, allo scopo di rendere le scelte più interessanti: innanzitutto gli oggetti messi all’asta sono disposti su una griglia, e ciascuno dei lavoratori può “agire” su uno di due diversi oggetti (il posizionamento è fatto obbligatoriamente a “cavallo” di due carte); in fase di acquisto la facoltà di comprare (spendendo una cifra che dipende dal costo intrinseco della carta, ma anche da quanti lavoratori sono su di essa affacciati) è assegnata seguendo l’odine di turno e non la politica “first come – first served”); ancora più eclatante, la fase di dichiarazione di interessi può durare un numero di turni diverso per ciascun giocatore: è infatti possibile decidere di abbandonare la fase di piazzamento e passare alla fase di attivazione/acquisto in uno qualsiasi dei propri turni. Tale passaggio è irreversibile: per il resto del round (il gioco ne dura sei) non sarà più possibile presentare nuove offerte. Il risultato ottenuto è assai interessante, esaltando l’importanza del momento giusto in cui eseguire le proprie azioni. I presupposti per un giocone ci sono tutti.
Peccato che la fase di utilizzo delle carte acquistate sia oltremodo scarna (ancora più del già semplicissimo gioco di Feld): tutto si riassume in carte che producono Spyrium, carte che trasformano Spyrium in punti vittoria, carte che aumentano i propri lavoratori o il proprio reddito, carte che danno punti vittoria. Un ciclo breve ed elementare, che richiede alla fine un coppia di carte per funzionare, lasciando una sensazione di incompletezza (anche se le tecnologie ed eventi provano rispettivamente a rianimare il tutto e installare una ulteriore dose di variabilità).
Una generale sensazione di parziale insoddisfazione provata, peraltro, in altri titoli che presentano sistemi di acquisto interessanti ma che poi perdono mordente nella fase di gestione (uno su tutti, “Diamonds Club” di Rudiger Dorn – Ravensburger, 2008- che unisce ad un sistema di acquisto risorse veramente interessante una scialbina meccanica di collezione per l’attribuzione dei punti). Così come è presentato, Spyrium appare un gioco a metà, e non solo per le grandi aspettative che lo circondavano. Il risultato? Un buon titolo, onesto, come tanti (troppi?) ne escono ogni anno.
Siete interessati a conoscere anche le opinioni degli altri membri della redazione sul gioco? Trovate le prime impressioni di Peppe74 sul numero 25 e una più estesa recensione di Deiv sul numero 26.
il nostro gruppo lo apprezza per la sfida interessante che offre in un tempo di gioco piuttosto contenuto. se l’utilizzo delle carte fosse stato più complesso questo non sarebbe stato possibile.