Il mese di Maggio è in genere un periodo tranquillo, sufficientemente lontano dalle grandi fiere o da altri impegni ludici, in cui è possibile tornare ad esplorare i titoli che sono entrati anche da un certo tempo nella ludoteca di casa. Complice l’affacciarsi dei figli al panoramica ludico “da grandi”, le possibilità sono molteplici. Eccovi un breve resoconto ludico della settimana appena trascorsa.
Domenica 1 Maggio, festa del lavoro, parenti a pranzo in casa. Dopo il pasto i bambini chiedono di giocare (sono stati educati bene!), e nonni e zii non possono dire di no. Ecco quindi che scatta una canonica partita a Carcassonne (Klaus-Jürgen Wrede, 2000), probabilmente il più famoso gioco di piazzamento tessere: per rendere competitivi i due giovani partecipanti, omettiamo i contadini e, conseguentemente, il calcolo dei campi a fine gioco. Data la passione che entrambi hanno per la famosa saga fantascientifica, è in arrivo in ludoteca Carcassonne Star Wars (2015), in cui i contadini son stati sostituiti da altri modi di fare punti.
Segue una partita a Celestia (Aaron Weissblum, 2015), gioco di scommesse e sfida alla fortuna. Si tratta di una riedizione di Cloud 9, caratterizzata da incantevoli materiali e l’aggiunta di abilità speciali che rendono il gioco più articolato (e che, chiaramente, non abbiamo utilizzato). Celestia è stato recentemente localizzato in italiano da Ghenos Games.
Il lunedì è uno degli appuntamenti settimanali con un gruppo di giocatori assidui. Il piatto forte della serata è stato Tigris & Euphrates (Reiner Knizia, 1997), probabilmente uno dei migliori titoli realizzati dal prolifico e plurilaureato autore tedesco. Ancora piazzamento tessere, stavolta accompagnato da meccaniche di gestione della mano e un ingegnoso sistema di punteggio introdotto per la prima volta in questo gioco e poi successivamente riutilizzato anche da altri autori. Si tratta di un titolo di vecchio stampo (alla fine ha quasi 20 anni!), con una componente aleatoria non trascurabile: ma è proprio la capacità di adattarsi alle tessere pescate a caso, insieme alla necessità di saper leggere la dinamicissima situazione in plancia, che rendono il gioco interessante. Indice della qualità del titolo sono la sua posizione nella classifica di BoardGameGeek (è tuttora nei top 50), e il fatto che è ancora in produzione. La serata si è conclusa con una partita a Love Letter (Seiji Kanai, 2012), probabilmente il più famoso e diffuso dei minigiochi che hanno reso famosa la scuola Giapponese. Localizzato in Italia da Uplay.it Edizioni, si tratta di un semplice titolo di gestione della mano (composta da una sola carta!) di tipo pesca e gioca, che si sviluppa su un certo numero di brevi round, in ciascuno dei quali i giocatori vengono sequanzialmente eliminati. Vince chi si aggiudica un determinato numero di round. Piacevole, leggero, con poche decisioni significative (di tipo deduttivo), ma capace di causare qualche sana risata.
Saltiamo a Giovedì 5, altra serata con giocatori assidui. Iniziamo con Haspelknecht (Thomas Spitzer, 2015), gioco ambientato nel bacino della Ruhr nei primissimi periodi dello sfruttamento dei depositi carboniferi. Il gioco gravita attorno a meccaniche di piazzamento lavoratori e un sistema abbastanza ingegnoso di selezione azioni. Un ricco albero teconologico permette di differenziare le proprie strategie da quelle degli avversari. In ogni caso il gioco trasmette una certa sensazone di claustrofobia, per la necessità di dover far fronte a eventi negativi (l’acqua che si infiltra continuamente nelle miniere, inpedendo lo scavo del carbone), di pagare l’affitto dei territori che vengono sfruttati, e per la sostanziale difficoltà a immagazzinare risorse da un round al successivo. Tutto sommato, una esperienza di gioco interessante. La serata si è conclusa con uno dei più classici tra i filler: Coloretto (Michael Schacht, 2003), rapido gioco di carte incentrato attorno a meccaniche di collezione di set e draft. L’idea e semplice ma geniale: formare in maniera incrementale gruppi di carte di colori diversi, con cui i giocatori compongono famiglie di carte dello stesso colore. Alla fine del gioco, solo 3 di esse contribuiscono positivamente alla formazione del punteggio, mentre quelle in esubero saranno causa di perdita di punti pari al loro valore. L’idea si è dimostrata talmente valida che l’autore vi ha costruito attorno altri giochi, fra cui è obbligatorio citare Zooloretto, vincitore dell’ambitissimo Spiel des Jahres nel 2007. Coloretto è entrato di recente nel catalogo della dV Giochi.
Il venerdì è dedicato al gioco con un altro gruppo di amici, che rientrano nella categoria dei casual gamer (non dedicati). Dopo una rapida discussione abbiamo optato per un gioco di corse: ho quindi chiesto l’autorizzazione ai miei figli per utilizzare il loro Rush & Bash (Erik Burigo, 2015). Titolo di punta della Red Glove, incluso nei 5 finalisti dell’edizione 2015 del Gioco dell’Anno, il gioco, basato su meccaniche di gestione della mano e poteri asimmetrici dei giocatori, permette di rivivere le emozioni e il divertimento di una corsa scanzonata che ricorda da vicino, per chi è sufficientemente vecchio, gli esilaranti cartoni animati della Wacky Races. Un semplice sistema di “recupero” permette a tutti i giocatori di competere fino alla fine per la vittoria, mantenendo elevato l’interesse. Peccato per i materiali, che sono poco più che sufficienti.
La serata si è conclusa con una partita a Sushizock im Gockelwok (Reiner Knizia, 2008). Si tratta di un gioco di dadi, basato sulle meccaniche dello Yahtzee (realizzare combinazione di dadi, rilanciandoli fino a tre volte e bloccandone sempre almeno uno), basato quindi su meccaniche di sfida alla fortuna, con una componente di memorizzazione (utile per ricordare le tessere prese dagli avversari) e di collezione di set. Rispetto al più famoso predecessore Pickomino/Il Verme è Tratto (Reiner Knizia, 2005) il gioco richiede di prendere sia tessere di valore positivo (acquisibili con le facce sushi dei dadi) che tessere di valore negativo (tramite le facce lisca), possibilimente in numero pari, in quanto alla fine del gioco eventuali tessere positive in eccesso rispetto a quelle negative vengono scartate e non valutate. L’interazione fra i giocatori si sviluppa attraverso il furto delle tessere dalle scorte degli avversari, azione a cui sono dedicate le facce bacchetta. Il gioco scorre via rapido, anche verso la fine, contrariamente a Pickomino in cui il ritmo di gioco rallentava sensibilmente.
L’atività ludica di Sabato 7 è stata dedicata ai figli. Abbiamo iniziato la mattina, adattando al gioco cooperativo Ricochet Robots (Alex Randolph, 1999), geniale puzzle in tempo reale (a cui può partecipare un qualsiasi numero di giocatori) il cui scopo è di far raggiungere particolari caselle sulla plancia a dei robot che possono viaggiare solo in linea retta e che si fermano solo quando incontrano un ostacolo (una parete oppure un altro robot). Entrambi i bambini sono ancora un po’ troppo piccoli, e riescono ad affrontare solo quelle configurazioni risolvibili muovendo un unico robot, da cui la necessità di inventare una versione cooperativa. Il risultato dell’esperimento è stato più che positivo: entrambi si sono divertiti, e il più giovane si è informato sulla sua posizione in ludoteca, il che è un segno di elevato gradimento. La mattina è proseguita con una partita a Rush & Bash, il gioco attualmente preferito da mio figlio maggiore.
Nel pomeriggio i due avevano impegni differenti, e quindi mi sono ritrovato da solo col più grande (che ha quasi 8 anni). Tempo di rispolverare titoli adatti alla sua età, e in particolare giochi esclusivamente per due giocatori. Ne ho approfittato per fargli provare Kupferkessel Co. (Günter Burkhardt, 2001), gioco di memoria e collezione di set, dove i giocatori interpretano maghi che fanno shopping di reagenti magici. Il sistema di avanzamento delle pedine, collegato all’ultimo oggetto preso, impone scelte interessanti, mentre l’interazione, almeno nel gioco base, si limita ai poteri di alcune carte. Dopo una prima partita di rodaggio, il gioco ha fatto breccia nel cuore del mio giovane avversario, che lo ha fatto provare al fratello non appena questo è rientrato a casa. Per ora abbiamo lasciato da parte le ricette, obiettivi segreti che danno un’ulteriore vincolo sui tipi di reagenti da collezionare, incrementando di fatto il livello di interazione fra i giocatori. Il gioco è stato recentemente ristampato come Glastonsbury (2013), in versione da 2 a 4 giocatori. La giornata si è conclusa con un altro gioco da due:
Shanghaien (Roman Pelek, Michael Schacht, 2008), ancora un gioco di set collection, dove le carte che vanno a comporre i set sono ottenute attraverso un sistema di piazzamento dadi e maggioranze. A scompigliare il meccanismo lineare contribuiscono alcune carte che forniscono una abilità speciale utilizzabile una tantum e, soprattutto, il sistema di punteggio: per ogni set condiviso fra i due avversari, colui che ha totalizzato più punti scarta il proprio set e prende quello dell’avversario; le care dei set non condivisi vengono invece conservate per intero. Le implicazioni strategiche di questa forma di valutazione non sono risultate chiare da subito al mio giovane aversario, che ha detto aver gradito il gioco, ma senza particolare entusiasmo.
Guardando indietro, è stata una buona settimana, piena di giochi interessanti. E voi, a cosa avete giocato?
abbiamo giocato anche noi a Haspelknecht, claustrofobico credo sia l’aggettivo giusto. ho trovato veramente interessanti le regole che creano la dinamica dei gettoni azione (sia approvvigionamento che utilizzo). assolutamente positiva anche la resa dell’ambientazione.
Settimana strana questa. Martedì è eccezionalmente venuto a trovarmi Paolo Mori (Dogs of war, Augustus…), già in zona per lavoro e ne ho approfittato per fargli provare, insieme a Luca Borsa (Jungle Brunch, Aqua Brunch…) Above and Below. L’unico altro ritrovo settimanale l’ho passato a giocare il secondo e il terzo scenario dell’APDC con gli amici con cui sto sviluppando la campagna.
Domenica invece mio figlio ha sfoderato XCOM. Non riuscendo a reclutare alcuna delle due donne di casa per tenerci compagnia abbiamo affrontato un partita a difficoltà normale in 2, uscendone abbastanza distrutti pur (probabilmente visto che Mattia ha voluto gestire l’App) contravvenendo ad ogni vincolo di tempo.