Sono arrivato alla quinta partita a Nations, numero che per quanto mi riguarda, sancisce che il gioco mi piace e che non trovo difficoltà a trovare avversari per una partita.

Ieri sera l’ho provato per la prima volta a 4 giocatori. Temevo avremmo fatto tardi, visto che precedentemente il gioco aveva preso più tempo di quanto indicato sulla scatola, invece ce la siamo cavata in 3 ore, comprensive della spiegazione, che scorre sempre via chiara e rapida perché una volta chiarite quelle 4/5 icone e quelle 2/3 carte non autoesplicative (battaglie e guerre più che altro) il gioco si spiega praticamente da solo ad un normale giocatore. Prova ne è il fatto che la seconda partita l’ho fatta con mio figlio Mattia (7 anni) che insiste per provare qualsiasi cosa di nuovo e il giorno dopo l’ho riprovato con lui e la sorella Moemi (9 anni) che, vedendoci giocare, ha capito che il gioco le sarebbe piaciuto e l’ha voluto provare pure lei. Entrambe partite portate a termine con successo, nonostante la lunghezza non proprio adatta alla loro età, e abbastanza combattute per merito del sistema di handicap del gioco che permette di supplire alla mancanza di esperienza di alcuni giocatori tramite semplici ma incisivi svantaggi per chi sceglie di averli.

Ormai sono abituato a giocare con 2 punti di handicap, visto che ogni volta presento il gioco ad almeno un giocatore nuovo (e a perdere per 2 o 3 punti grazie ad un megarecupero nell’ultima era). E mi sto quasi abituando a essere sorteggiato pure come ultimo giocatore, cosa che trovo quasi più svantaggioso del sistema di handicap, finché non arriverò a giocare con il lato B delle plance che hanno un sistema di scelta delle civiltà che credo un poco bilanci la cosa. Credo l’autore avrebbe dovuto bilanciare questo indubbio vantaggio iniziale dosando come si fa spesso le risorse iniziali. Chi inizia può analizzare le carte disponibili e, se una strategia militare è possibile, è in grado di impostare incontrastato una strategia di conquista di colonie, eventuali battaglie e guerra che porterà gli altri a giocare sulla difensiva. Di contro si può dire che si può vivere e prosperare senza rincorrere il leader militare. Quello che le guerre e gli eventi ci faranno perdere è in parte mitigato dal fatto che le unità militari, diversamente dal fratellone Through the Ages, richiedono un mantenimento, oltre che, ovviamente non far produrre nulla ad uno di quei pochi omini di cui disponiamo. A tutto ciò si aggiunge il fatto che, anche senza esercito, possiamo dichiarare noi la guerra per quel turno, impostandone a zero il valore per renderla inoffensiva.

Il predominio militare è comunque un gran vantaggio, se possiamo permettercelo. Anche solo perché ci permette di essere i primi a scegliere la nostra carta all’inizio del turno. E spesso è veramente solo una la carta che vorremo prendere a tutti i costi: quella che ci permette di recuperare lo svantaggio in quella particolare risorsa di cui le nostre scorte deficitano. Tutte le risorse infatti (con l’eccezione della cultura) sono infatti vitali per permetterci di giocare senza soffrire e non potremo trascurarne nessuna a lungo. Il continuo incremento di potere delle unità militari e il fatto di non poter fare un upgrade di quelle che già abbiamo permette però, a chi è stato accorto con l’accumulo di risorse e di omini, di lanciarsi all’improvviso verso il predominio militare senza che l’attuale detentore dello stesso possa facilmente rintuzzarvi. Infatti ieri sera, dopo aver fatto 3 ere su 4 praticamente senza esercito ho concluso la partita con ben 4 mitraglieri, sforando il limite della potenza militare prevista dall’apposito tracciato (curioso il fatto che la carta stessa coi ben 2 PV assegnati anche al quarto mitragliere istiga a evidenziare questo marginale difetto della capienza del tracciato). Quello che invece compete al precedente possessore della leadership militare è invece l’acquisto delle colonie del turno, nell’attesa di venire superati dalla nuova potenza nascente.

Quello che ancora mi rimane oscuro dopo 5 partite è quanto convenga puntare sulla cultura, che è uno dei pochi tracciati dove chi è avanti di un decente numero di punti può ragionevolmente puntare a non farsi mai superare dosandone la produzione quando serve. L’unica cosa che la cultura ti dona sono punti alla fine di ogni era simili a quelli regalati in 7 Wonder a chi ha il predominio militare sui vicini: pochi ma incisivi sull’esito della partita se continui. Matteo ieri ha vinto facendone il pieno incontrastabile ma è anche vero che la sua civiltà era ben povera, visto che un semplice punto lo separava da Riccardo il guerrafondaio (con un punto di handicap) e 3 da me che ho puntato a minimizzare il mio handicap di 2 punti giocando sul numero di omini e sulla loro ottima collocazione su carte evolute. Il bonus PV per chi è culturalmente più evoluto, inoltre, dipende dal numero di giocatori sotto di te nel tracciato e quindi ha una importanza ancora minore col calare del numero dei giocatori. L’accumulo poi di punti cultura è assolutamente inutile se non nel confronto con gli altri giocatori in quelle 4 fasi di punteggio perché tali punti non possono essere spesi per far crescere la nostra civiltà (tramite edifici o nuovi omini) come accade con gli eccessi di metallo, grano, oro e stabilità. Accumulare cultura è insomma un po’ come investire il proprio tempo giocando a poker: potremo farci anche dei soldi, se le cose vanno bene, ma, a causa del tempo investito fuori dagli ambienti lavorativi, difficilmente i soldi guadagnati potranno poi essere facilmente riconvertiti in un’attività migliore di quella attuale. Per il momento la cultura rimarrà quella cosa che mi capiterà di avere per caso piuttosto che qualcosa che andrò volontariamente a cercarmi. Trovo comunque interessante questa gestione della cultura, ben distante dal classico concetto cultura=punti vittoria. Questo è uno dei particolari che differenza Nations in modo netto da Trough the Ages, dove si possono costruire veri e propri edifici che fabbricano punti vittoria.