“Neuland” di Peter Eggert e Tobias Stapelfeldt (Eggertspiele, 2004 / Eggertspiele, Z-Man Games, 2008): quando la troppa innovazione si oppone alla diffusione e al successo di un gioco? Neuland è un caso esemplare di come gli “hard gamer”, che spesso si lamentano  della “ripetitività” dei titoli da loro provati, cercano in realtà strutture e ritmi di gioco noti e rassicuranti, mal tollerando innovazioni sostanziali.

Neuland è un gioco di piazzamento lavoratori e logistica, il cui obiettivo è essere i primi a realizzare un certo numero di consegne agli edifici amministrativi del regno. Per fare questo i giocatori devono costruire i vari edifici di produzione e trasformazione, gli stessi edifici amministrativi e servirli per primi. I vari edifici di trasformazione e produzione possono essere usati solo da un giocatore, ma non sono proprietà di nessuno: se sono liberi, chiunque può utilizzarli. Rispetto ai giochi di piazzamento lavoratori successivamente prodotti, in Neuland è importante anche dove i beni vengono prodotti (sulla mappa esagonata che ricorda neanche tanto vagamente quella de “I Coloni di Catan”), perché trasportarli dall’edificio di produzione a quello in cui verranno consumati costa tempo.

E qui dobbiamo accreditare un’altra innovazione introdotta da Eggert e Stapelfeldt: l’idea che il turno non venga giocato in ordine prefissato, ma in base al tempo utilizzato dai giocatori per eseguire le proprie azioni. Neuland e “Jenseit von Theben” di Peter Prinz (Prinz Spiele, 2004 / Queen Games, 2007) usciti lo stesso anno, sono i primi due titoli in cui viene introdotto il “costo in tempo” di ogni azione e l’idea che il giocatore di turno sia quello che ha speso meno tempo fino a questo momento. Infine, a rendere ancora più complesso lo scenario, Neuland introduce anche la deperibilità delle risorse: ogni risorsa prodotta da un giocatore può essere utilizzata al più tardi nel suo turno seguente. Ecco quindi che il gioco si pone in uno scenario in cui la rappresentazione dell’informazione diventa di cruciale importanza: bisogna tenere conto di 14 risorse diverse, della loro posizione, e della loro data di nascita. Impresa improba, se si intende utilizzare i classici segnalini “merce”. Ancora una volta, gli autori hanno un’idea geniale: utilizzare gli stessi lavoratori come indice di merce: un lavoratore su una segheria rappresenta un’unità di legno (e la posizione sul tabellone ne indica la provenienza), uno su una cava un’unità di pietra. La deperibilità viene indicata tramite la posizione (eretta o sdraiata) del lavoratore stesso. Geniale, ma richiede un adattamento nel modo di visualizzare la situazione (al punto che alcuni giocatori lo definiscono “innaturale, ideato da una mente aliena”); efficace, tanto che Cramer riutilizzerà l’idea 7 anni dopo nel suo “Helvetia” (Kosmos, 2011). Riesce a rendere leggero e compatto, assolutamente non macchinoso, un sistema di gestione che ha messoin ginocchio titoli ben più osannati. Il risultato? Un gioco totalmente privo di alea, fortemente interattivo (anzi incentrato sull’attrito fra i giocatori, grazie alla struttura non ciclica del turno e al fatto che i lavoratori di un giocatore vengono piazzati tutti insieme), che presenta tutti gli aspetti interessanti dei giochi di piazzamento lavoratori, ma assai più profondo e complesso, senza divenire inutilmente complicato.

E, tuttavia, non ha riscosso alcun successo. Svariati i motivi che si possono ipotizzare, dai più futili ai più probabili. La prima edizione è sicuramente bruttina; nella seconda, i cui materiali rientrano nella media, una  riscrittura delle regole (nel tentativo di acchiappare i non-gamers) stravolge completamente il gioco (rischiando anche di mandarlo in loop). Il sistema di rappresentazione dell’informazione, inusuale per l’epoca della sua uscita (2004/2007). La necessità di abilità visive geometriche e di programmazione in macromosse anzichè in microturni. Il conseguente e non trascurabile downtime (dovuta anche alla rapida e ricca ramificazione dell’albero delle scelte), che in alcuni ambienti gli ha fruttato il nomignolo di “Noialand”. Infine, la scarsa preparazione dell’utenza, pronta a gridare al miracolo l’anno successivo per “il primo (?) e migliore gioco di piazzamento lavoratori di sempre”. Al punto che per anni è stato proposto a prezzi scontatissimi in vari store online o fiere del gioco da tavolo… probabilmente senza nemmeno meritarselo.

Potete trovare una recensione estesa di Neuland sul numero 22 di ILSA.