Sono naturalmente scettico verso quei giochi caratterizzati dall’accoppiata “gioco su licenza” e “gioco educativo”: troppo potente l’effetto “specchietto per allodole” sui parenti (genitori, zii, nonni) per sperare che sia stato speso veramente del tempo a sviluppare un buon gioco. Tuttavia, vuoi per il fascino esercitato dal film, vuoi per le insistenti richieste da parte dei figli, vuoi per il lavoro di laboratorio extrascolastico che stanno facendo (che riguarda proprio la descrizione delle emozioni attraverso varie forme di comunicazione), alla fine ho contravvenuto alla regola che tendo a seguire e ho comprato, come regalo natalizio, Inside Out – Il Gioco delle Emozioni, edito da Lisciani.

Il gioco

Inside Out si sviluppa a turni, su un tabellone che ricorda vagamente quello del Trivial Pursuit. Il giocatore attivo, utilizzando uno spinner, sposta in senso orario il proprio segnalino di un numero casuale di caselle, attivando quella su cui si ferma. Le caselle sono di tre tipi:
1) Casella colorata. Indipendentemente dal colore, tutti i giocatori sono coinvolti in un breve esperimento di narrazione, risolto attraverso un sistema di votazione (che segue lo  schema diventato oramai classico dopo la vittoria dello Spiel des Jahres di Dixit nel 2010): i giocatori determinano l’ambientazione (una di quelle in cui si svolge la storia del film) pescando una carta luogo, poi a ciascuno viene assegnata, tramite le carte di un altro mazzo, un’emozione (lo stato d’animo da interpretare). Di comune accordo, i giocatori si attribuiscono i personaggi. Quindi, a partire dal giocatore attivo, uno alla volta, reciteranno una battuta. Terminato il giro, ancora in ordine di turno, ogni giocatore darà il suo voto ad un avversario; chi riceve più voti vince la manche e l’opportunità di recuperare un ricordo.
2) Casella Bing Bong: offre l’opportunità di recuparare un ricordo.
3) Casella Imprevisto: come nello storico Monopoli, il giocatore pesca una carta Imprevisto e ne applica gli effetti indicati (a volte avversi, ma molto più spesso favorevoli).
Ma cosa vuol dire recuperare un ricordo? Per vincere il gioco, ogni giocatore deve raggiungere il proprio obiettivo, indicato da un’apposita carta distribuita all’inizio del gioco. Questa indica quanti e quali ricordi (gettoni in 5 colori diversi, associati alle rispettive emozioni) il giocatore deve recuperare. Tutte le volte che egli ha l’opportunità di recuperarne uno, pesca un gettone a caso dalla scatola dei ricordi perduti, e lo trattiene solo se gli è effettivamente utile a completare l’obiettivo. Una volta che l’obiettivo è completato, il giocatore potrà dirigersi verso il centro del tabellone (vi ricorda niente?): soltanto il primo ad arrivare al quartier generale possedendo la combinazione di ricordi indicata dal suo obiettivo vincerà la partita.
Sembrerebbe interessante, se non fosse che…

Non tutto quel che luccica…

Da dove iniziare? Cominciamo dai dati oggettivi: i materiali. Sotto la media, come qualità, ergonomia e correttezza. Eccovi un rapido elenco delle cose che non vanno:
– Gli incastri della cartotecnica sono dei rozzi nidi di rondine, di quelli in cui bisogna forzare/piegare le alette per farli incastrare l’uno nell’altro. Poco male, se è possibile riporre il pezzo montato nella confezione… peccato: nella scatola non c’entrano, e  montarli e smontarli ad ogni utilizzo vuol dire distruggerli a breve. Meno male che la maggior parte del materiale da assemblare è puramente scenografico, e potete giocare anche senza!
– Le carte: sono stampate su carta a grammatura pesante, tagliate con una fustella. Nella mia confezione erano ancora riunite a gruppi (collegate nei i punti non tagliati dalla fustella). Angoli vivi, piccoli strappi al centro dei lati, impressionante “leggerezza”: nelle mani di bambini non sono destinate ad avere una lunga vita.
– Ci sono gettoni voto in soli 4 colori; apparentemente chi utilizza Paura come proprio segnalino non ha diritto ad un gettone voto del proprio colore, ma deve usarne uno di un colore diverso…
– I gettoni ricordo devono essere conservati “coperti”: peccato che siano uguali su entrambe le facce, e l’unico modo per coprirli è nasconderli… cosa che va in contrasto con l’abilità di scambio di una delle carte imprevisto!
– I gettoni ricordo vengono pescati a caso da una “scatola” composta da un piccolo recinto mobile appoggiato sulla plancia di gioco. Dato che i gettoni non hanno un dorso uguale, per pescarli a caso bisogna non guardare il recinto… e basta spostarlo di poco perché parte dei gettoni contenuti scappino e si disperdano sul tabellone!
Insomma, tutto il materiale sembra preparato in tutta fretta, senza la minima verifica sulla sua qualità o ergonomia di gioco. Eliminare tutta la cartotecnica inutile, sostituendo le carte con le tessere, lo spinner in due pezzi con un dado e il triste recintino con un sacchetto avrebbe giovato immensamente all’esperienza di gioco, indipendentemente dalla qualità dello stesso.
Dulcis in fundo, vi invito a riguardare l’immagine in copertina della scatola, e quella scattata qui sotto, proponendovi di trovare le differenze:
Inside Out vista della planciaUna tale  discrepanza fra contenuto e immagine della confezione mi era capitato fin’ora soltanto con le buste dei surgelati, e vi assicuro che sulla scatola gialla non ho trovato da nessuna parte la scritta suggerimento di presentazione.
Passiamo ora al regolamento e al gioco. Tutte le regole sono concentrate in un’unica pagina, scritta serrata, senza un esempio, e senza chiarire i casi dubbi: cosa succede se un segnalino atterra su una casella già occupata? E chi si aggiudica l’opportunità di recuperare un ricordo se più giocatori ricevono lo stesso numero (massimo) di voti? Ancora, guardando il tabellone, che senso ha fare spazi colorati di 5 colori diversi, se poi si comportano allo stesso modo?

Volete sapere come è stata l’esperienza sul campo? I giovani hanno impiegato un paio di turni per entrare nel gioco (e mi chiedo cosa sarebbe successo se non ci fosse stato un adulto a coordinare e supervisionare… pensate, secondo l’editore il gioco è utilizzabile dai 6 anni in poi!), si sono divertiti per i successivi due turni e poi hanno cominciato a distribuire i voti in modo eguale fra di sè, in modo da fornire a tutti l’opportunità di chiudere il gioco il prima possibile (abbiamo supposto che in caso di parità tutti godessero dell’opportunità di recuperare un ricordo)…Sì, perchè in effetti, solo di opportuità si tratta: infatti Inside Out NON ha un meccanismo algoritmico per la fine del gioco, e potebbe teoricamente trascinarsi all’infinito: in una delle partite fatte, quando a tutti mancava un solo gettone per provare a chiudere la partita, ho fatto due conti sulla probabilità di pescare il gettone giusto, rimanendo di sasso: il giocatore più avvantaggiato dalla distribuzione aveva poco più del 20% di probabilità di successo.
Probabilmente lo scopo del gioco è quello di trasmettere un immenso senso di frustrazione…

Concludendo questo Inside Out non smentisce il fatto che i giochi pubblicati su licenza sono generalmente prodotti in fretta e furia per sfruttare l’effetto traino, senza curarsi dei materiali e pensare ad utilizzare le potenzialità del soggetto.

Come probabilmente avrete intuito, non mi è piaciuto, e non mi sento di consigliarvelo…