Ieri, causa ennesima mancanza di uno dei giocatori partecipanti la campagna di Perdition Mouth, abbiamo deciso che poteva essere interessante provare Gloomhaven. Posso quindi finalmente confrontare i due titoli e dare valide indicazioni a chi si trovasse nella condizione di voler investire ingenti cifre per comprare un dungeon crawler interessante con cui passare i prossimi mesi.
Potete trovare una mia recensione di Perdition Mouth qui, e ulteriori commenti sul numero 43 di ILSA. Per avere invece un’idea delle meccaniche di Gloomhaven potreste fare riferimento alla recensione dell’entusiastico Agzaroth e alla traduzione del diario dell’autore.
Qui di seguito troverete invece le mie riflessioni, sorte confrontando i due titoli per capire quale delle due campagne preferirei portare avanti.
Sostanzialmente trovo che i due titoli si equivalgano.
Non dimenticatevelo, visto che per il resto dello scritto farò le pulci a Gloomhaven: sto dicendo che è comunque un gioco da 9.
Per questo è ancora più interessante confrontarli. Qualunque gioco si scelga si cade comunque in piedi (e pu
re su un lussuoso tappeto) ma, richiedendo entrambi i giochi una certa dedizione per essere goduti appieno, una scelta, dolorosa, potrebbe essere necessario farla.
Gloomhaven è in breve proprio la trasposizione in gioco da tavolo di tutte le parti concretamente rappresentabili di un gioco di ruolo.
Lo si sente proprio nel ritmo di gioco: ti trovi con gli amici, fai 3 stanze di dungeon in una serata, segna qualche punto esperienza che prima o poi ti servirà, come i (pochi) soldi raccolti per comprare nel futuro qualcosa di utile. Apri un baule sperando in un bell’oggetto magico e solo qualche volta succede di trovare qualcosa di utile (io ci ho trovato la mappa di un altro posto: megadelusione, se ci fosse andato un’altro giocatore sarebbe stato uguale). Anche quando ti compri un oggetto le variazioni dalla condizione in cui eri prima sono minime, come passare da un’arma +1 ad una +2 (che pure è una cosa che non succede con leggerezza in un Gdr). Col tempo e partita su partita il personaggio si sviluppa, ci si sente un poco immersi in un mondo in lento sviluppo, si vive un lento miglioramento di livello che concede nuovi (esaltanti? Ci devo ancora arrivare) poteri e si crea una saga degna probabilmente di essere raccontata fra amici qualche anno dopo. Bello eh
Ma la domanda che mi sorge spontanea è: perché allora non riprendo a giocare a Pathfinder o qualsiasi altra cosa mi concedano i compagni di gioco? Visto che “ruolare” mi piace perché preferirgli un gioco da tavolo con gli stessi ritmi? Ovviamente delle risposte valide esistono. Anche se quasi tutte non riguardano me.
1) Perché “impersonare qualcuno non mi piace e trovo che il dialogo sia una perdita di tempo quando sane mazzate sono più divertenti”.
2) Perché “qui non serve il master. E il nostro non era un granché” (se lo dicessero i miei giocatori li fulminerei).
3) Perché gestire le carte è divertente
Visto che i primi due motivi si spiegano da se esaminiamo il terzo.
La gestione delle carte in Gloomhaven è interessante e, diversamente dalla rondella + carte di Perdition Mouth ottiene un risultato sugli eventi di gioco che è esattamente ciò che il giocatore si aspetta: quasi ad ogni turno si avrà la possibilità di muoversi e fare un’azione.
La bellezza del sistema è però in un certo senso ottenuta “barando” su ciò che un gioco di ruolo invece fornisce: fin da subito i nostri eroi hanno a disposizione azioni/poteri che in un gioco di ruolo classico avremmo al quinto livello almeno! Il mio gnomo ingegnere poteva fin da subito scegliere fra usare il lanciafiamme, lo spararete, una bomba all’inchiostro, 5 diverse possibilità di curare (mi sentivo un chierico), l’evocazione di falso bersaglio, la possibilità di piazzare una mina, utilizzo di veleno, aiutare i compagni adiacenti con la difesa o facendo riprendere carte usate…
Capite che chiunque sarebbe felice di partire così! E in effetti è divertente avere tante possibilità, facilmente ed efficacemente descritte dalle meccaniche di gioco.
Anche in Perdition Mouth le possibilità donate dal nostro mazzo non mancano, ma bisogna prima pescarle e, soprattutto, averle ancora in mano al momento giusto per usarle (tipo: gruppo di nemici a portata e sezione di rondella del potere speciale non occupata). E’ parecchio più difficile far fruttare le particolarità dei personaggi. Anche se,proprio perché più difficile, è più soddisfacente quando si riesce a farlo.
Passo ora ad esaminare piccoli particolari del combattimento di Gloomhaven che mi han dato fastidio.
Il sistema sembra prevedere che sia inevitabile prendere ferite. Le corazze del gioco possono solo limare qualche danno, ma sarà quasi impossibile che l’effetto di un attacco sia un nulla di fatto. Di per se ciò non è un male. Dovete però sommarlo al fatto che tutti gli avversari possono tendere ad attaccare lo stesso eroe: perché è il più vicino al gruppo di nemici a cui ci si avvicina o perché è quello con l’iniziativa più bassa. Non ci si può dividere le attenzioni dei nemici ponendosi ad uguale distanza: bisogna proprio prendersi ognuno il proprio uomo e andargli così vicino da obbligarlo ad attaccare te invece che il tuo compagno… badando a stare abbastanza distante dagli altri da non essere tu a raccogliere tutte le attenzioni del gruppo di nemici.
Se tutte le attenzioni dei nemici sono su di te, non potendo o quasi evitare di subire danni le possibilità che si passi da “completamente guarito” a “morto” sono tutt’altro che nulle. E anche se non si arrivasse alla morte niente impedisce che al turno dopo non si faccia in tempo a curare/far fuggire l’eroe prima che muovano i nemici. Fortunatamente il gioco prevede la possibilità di scartare una carta dalla mano e annullare tutto il danno subito da un attacco. Una soluzione che forse rende ora molto difficile morire… ma In un gioco di ruolo una morte del genere è alquanto irritante. E Gloomhaven è, in fondo, per ritmo e affezione al personaggio, un gdr.
Anche in Perdition Mouth i nemici tendono ad attaccare il più vicino e il più ferito, ma ci sono importanti differenze:
1) i nemici sono tendenzialmente lenti e si riescono a seminare;
2) è possibile organizzarsi per non prendere ferite;
3) i tuoi compagni possono aiutarti con carte loro a far avverare il punto 2.
Inoltre in Perdition Mouth di solito l’obiettivo dello scenario è di fuggire da una porta e ciò non comporta in genere di uccidere tutto ciò che c’è sul tabellone. Spesso sono le ambizioni dei giocatori a metterli nei guai: “perché non andiamo prima a prendere quel tesoro?” (che qui può essere un artefatto che fa risorgere, distrugge un muro, tira una vampa modello lanciafiamme, non certo un oggetto di limitata utilità) oppure “e quel povero villico torturato non lo salviamo?”
Quando gioco una partita di Perdition Mouth, poi, e arrivo alla fine dello scenario, sono veramente contento di averla scampata solo con una ferita che mi porterò appresso per lungo tempo. Ogni partita dà una reale soddisfazione. Una partita a Gloomhaven dà invece la sensazione di aver fatto un passetto verso il prossimo livello, verso l’abbandono del proprio personaggio per un’altro che sbloccherò da esaminare, piuttosto che aver compiuto un’impresa che dà vero lustro alla serata. E’ la campagna intera che darà lustro, fra tre anni, al tempo speso per viverla.
Questo è il sostanziale motivo per cui credo di preferire Perdition Mouth, nonostante la sua malefica rondella, che si è inimicata i giocatori di american game.