Le elucubrazioni espresse in questa rubrica non sono filtrate per essere adatte ad un pubblico che non sia il giocatore esperto inacidito da centinaia di giochi provati alle spalle e ormai intollerante verso qualsiasi cosa che non sia la sola eccellenza. Oltretutto un giocatore esperto coi miei stessi gusti. Ha insomma quasi una valenza di sfogo personale. Per miei pezzi ben ponderati e rispettosi dei gusti altrui cercate sulla rivista, grazie.
La seconda partita, dopo un mese dalla prima, a Founders of Gloomhaven fa sorgere alcune riflessioni che mi sento di condividere. Nella speranza di non aver sbagliato l’interpretazione di qualche regola (che stavolta non ho letto ma appreso per tradizione orale).
Descrizione del gioco in breve
I giocatori possiedono una manciata di carte identiche che descrivono azioni possibili. Ne giocano una a turno per costruire edifici, ottenere l’accesso a risorse o ottenere altre carte da una plancia che permettono azioni simili ma più potenti. I giocatori non di turno possono seguire il giocatore principale compiendo la stessa azione in versione leggermente meno efficace (tipo Puerto Rico). Una delle carte permette di riprendere tutte le carte giocate precedentemente concedendo però agli avversari una rendita economica pari al numero di differenti risorse a cui hanno accesso e, al contempo, fa scendere in gioco un edificio selezionato fra tre disponibili come risultato di un’asta cieca (fatta con gemme influenza, non denaro).
Il fulcro del gioco sta nell’ottenere l’accesso a un buon numero di risorse per poter poi soddisfare le richieste di edifici speciali appena menzionati. Ogni qualvolta una delle risorse richieste viene soddisfatta, collegando l’edificio agli edifici che le producono, il gioco distribuisce punti a cascata a coloro che hanno costruito gli edifici utilizzati per produrre tali risorse. A cascata nel senso che alcune risorse ne necessitano altre per essere prodotte e distribuiscono punti agli edifici collegati che gliele forniscono. Per fare armi, ad esempio, servono ferro e cuoio; a sua volta il cuoio richiede pelle e legno. Il gioco non genera fisicamente le risorse: tutto ciò che serve è collegare fra loro gli edifici che le producono e ottenere l’accesso alla risorse essendo proprietario dell’edificio o avendolo pagato a chi lo è.
E’ facile impararlo?
Decisamente no. A parte il sistema di distribuzione punti a cascata che già di suo è cervellotico, ma facilitato dalla coerenza con la realtà (può aiutarvi molto anche l’aver già giocato a The Great Zimbawe a cui sembra decisamente ispirato), il gioco mette in campo una serie di regole ad hoc, valide solo per certi elementi piuttosto che per altri concettualmente simili, che devono essere imparate e ben ricordate: la deduzione basata sul parallelismo col mondo reale porterebbe infatti il giocatore ad agire in modo diverso da come il manuale impone. Esempi? Eccone a bizzeffe:
- Il terreno su cui viene posto il pezzo che produce le risorse primarie ne determina il costo di costruzione (o l’accesso a tale risorsa). Ma così non è per qualsiasi altro edificio.
- Gli edifici speciali e le abitazioni devono essere calate sopra un terreno di tipo specifico. Ma così non è per gli altri tipi di edifici che potrete calare ovunque.
- Gli edifici impediscono il transito delle merci, interrompendo i collegamenti… ma il pezzo che produce le risorse base (che io mi immaginerei come una miniera e quindi non transitabile come gli altri) invece lo permette. Ma solo al proprietario. Vietando il passaggio anche a chi gli ha pagato l’accesso alla risorsa stessa.
- Le strade sono di tutti indipendentemente da chi le paga, ma i ponti e le gallerie possono essere transitate solo da chi le ha costruite (no, non potete neppure pagare per il transito, vi tocca costruire una vostro ponte o una galleria di fianco per sfruttare la strada che porta fino all’imbocco dello stesso).
- Non potete mettere edifici (comprese abitazioni e miniere) direttamente adiacenti ad un vostro edificio, serve una strada per separarli. Ma non vi è alcun problema se li costruite adiacenti ad un edificio altrui. E gli edifici speciali (quelli che scendono tramite l’asta) potete infilarli ovunque infischiandovene di strade o proprietà.
Giocando tutte queste regole si nota che hanno un loro senso nella gestione delle meccaniche: cercando di normalizzarle con house rules per facilitare la memorizzazione creeremmo dei piccoli malfunzionamenti permettendo cose fastidiose che rovinerebbero il gioco; il prezzo che però il gioco paga in eleganza e accessibilità è veramente molto alto. Il target di giocatori che hanno interesse in un gioco di tal tipo probabilmente hanno l’armadio pieno di giochi ed è decisamente probabile che dopo l’entusiasmo iniziale che magari li porta a fare quelle due o tre partite di file (per noi neppure quelle, come avete potuto leggere) il gioco è destinato a essere ripreso dopo mesi. E ricordarsi tutte quelle cavillosità per giocare esattamente come il gioco richiede è un’impresa non da poco. Avrete voglia di ristudiarvi per bene le regole per concedervi ancora una partita?
Una volta imparato il gioco possiede una profondità tale da dare a lungo soddisfazione?
Qui vado nel campo delle ipotesi, dal basso delle mie due partite, ma sono sicuro che troverò fra voi lettori chi vorrà correggermi (a ragione o solo per profondo affetto verso un gioco che a loro è piaciuto parecchio e che sentono insultato dalle mie ignoranti deduzioni) e portare comunque elementi di riflessione ai lettori futuri.
Sareste portati a pensare che, come in qualsiasi altro gioco, si guardano le risorse richieste dagli edifici speciali che scendono durante la partita e si cerchi poi di ottenerle e consegnarle prima degli altri. Ma qui le cose funzionano in modo diverso: ognuno dei giocatore ha accesso assolutamente esclusivo all’inizio del gioco ai pezzi che producono un paio di risorse primarie. Ogni qualvolta nel gioco qualcosa richiederà quella risorsa per essere prodotta voi, unici detentori della possibilità di costruire il pezzo, incamererete punti vittoria. Non c’è verso che altri ve li rubino. Devono anzi faticare e perdere turni per ottenere la possibilità di regalarvi punti nel prossimo futuro utilizzandole per i propri scopi. Chi consegna armi infatti fa guadagnare punti a chi produce bestiame, ferro e legno. Il gioco quindi non sta nel produrre ciò che serve, ma nel rendere più utili possibili le risorse di cui siete… unici proprietari. Ciò vuol dire che cercherete semplicemente di costruire gli edifici che producono risorse avanzate che le utilizzano (pagando anche l’accesso purtroppo a risorse prodotte esclusivamente da altri) e, soprattutto, cercando di vincere le aste che stabiliscono quale edificio speciale sarà prodotto e dove verrà messo! Perché l’utilità di ogni risorsa che produci (esclusiva o avanzata) durante ogni singola partita e i punti distribuiti dipenderà unicamente da quello. A parte magari un rush finale dove, nell’abbondanza di risorse richieste, solo alcune verranno soddisfatte prima della fine del gioco e quindi una migliore ottimizzazione delle mosse pagherà.
Il gioco ha sicuramente una varietà e una profondità dovuta ai poteri speciali differenti delle razze (che a primo acchito ci paiono tutt’altro che bilanciati, ma su cui non avremmo diritto di esprimerci dopo due sole partite), agli effetti migliorati delle carte che è possibile acquisire e agli effetti che gli edifici speciali possono fornire dopo la loro costruzione (tutte cose che nella breve descrizione ho omesso, insieme a quella piccola e secondaria, seppur importante, parte di piazzamento lavoratori che il gioco possiede) ma ho come l’impressione che la strategia che ogni giocatore deve seguire sia in realtà abbastanza obbligata e che sia solo un fatto (non è poco, intendiamoci) di visualizzarla e ottimizzare al meglio le mosse.
Grande importanza acquisiscono poi le aste cieche e gli edifici casualmente selezionati come possibili risultati delle stesse. Scegliere l’edificio che ci porterà più vantaggi spesso non è facile e a ciò è da sommare il fatto che votare la prima scelta potrebbe non essere la scelta giusta perché talvolta è meglio cercare una sinergia di voti con un altro giocatore per evitare perlomeno che entri in gioco un edificio che porta vantaggi solo ad altri. Pensando poi al peso di questa selezione talvolta sarebbe meglio fare in anticipo questi conti per poter recuperare per tempo gemme influenza per i voti rinunciando ad azioni posticipabili Ma, sinceramente, di conti ce ne sono abbastanza da fare e personalmente mi pesa aggiungerci questi che non hanno alcuna certezza di tornare utili (perché se mi metto a farli io poi magari li fa pure il giocatore dopo annullando il mio impegno con la sua mossa). Così in realtà finisco per prendere quella importante asta un poco come viene e a istinto, cosa che mi dà la fastidiosa sensazione di giocare male.
In più non detto che ci sia qualcosa di interessante per me nei 3 edifici selezionati, perché magari tutti quelli che veramente mi interessavano sono usciti insieme il giro prima. Le sole combinazioni di edifici insomma potrebbero pesare in modo consistente sull’esito della partita. E questo, in un gioco dove da pensare c’è parecchio mi crea una certa dose di fastidio.
Differenza fra pubblico e privato
In Founders of Gloomhaven le strade sono ad uso e consumo di tutti, anche se a costruirle, spendendo preziose azioni, sono i singoli giocatori. Fare il parassita e cercare di sfruttare le reti stradali altrui per collegarsi un po’ ovunque, sembra quindi un imperativo. Solo due pezzi impediscono ad altri di utilizzare la tua rete: gli accessi alle risorse primarie e i ponti/gallerie. Per colpa delle adiacenze in diagonale che il gioco permette per entrambe sono però facilmente aggirabili al costo di una strada o di un ponte galleria (generando ridicoli affiancamenti di 2 ponti/gallerie adiacenti su un unico passaggio). SI intravede però una possibilità, che non so se reputare gradita: se al vostro edificio esclusivo che permette solo a voi il transito riuscite ad affiancare due edifici speciali (gli unici che non hanno problemi di adiacenza) potreste creare a tutti gli effetti un muro col vostro pezzo come unico accesso, quindi solo da voi transitabile: gli altri sarebbero dolorosamente costretti a costruire una strada che lo aggiri a loro spese (cosa che probabilmente non faranno, cercando i loro punti altrove.
Visualizzazione
Non capisco le scelte ergonomiche del sig. Isaac. In Gloomhaven utilizza gli esagoni “regalando” al gioco un aspetto da wargame anni ’80 senza un vero motivo, mentre qui, dove gli esagoni probabilmente ci sarebbero stati bene, concedendo 6 adiacenze ad ogni casella, preferisce utilizzare la griglia quadrettata concedendo anche le adiacenze in diagonale, che sono assolutamente scomode da visualizzare istintivamente, incoerenti (costruire una strada dritta che va da A a C costa tanto quanto costruirla passando in diagonale da B per poi tornare a C) e con minori possibilità di disturbarsi a vicenda. A parer mio anche l’aspetto estetico delle mappe ne avrebbe giovato, con un impatto scenico decisamente più soddisfacente a partita inoltrata.
Conclusioni
Difficile accesso, difficile memorizzazione, condizioni ineguali di gioco, eccessive valutazioni richieste per giocar bene non necessariamente ripagate da una adeguata ricompensa, un colpo d’occhio sulla città creata per niente soddisfacente e una sensazione strisciante di ingiustizia per strade e opportunità create ed utilizzate da altri fanno per me di Founders of Gloomhaven un gioco che non annovero fra le eccellenze e che, quindi, preferirei fosse dimenticato nell’armadio. Ciò non vuol dire che sia un brutto gioco eh, solo che essendo le possibilità di scelta vaste, lo trovo un buon titolo da non prendere in considerazione per facilitare le difficili scelte future.