“Elder Sign” di Richard Launius e Kevin Wilson (Fantasy Flight Games, Heidelberger Spieleverlag, Stratelibri, 2011): gioco cooperativo ispirato ai Miti di Cthulhu, incentrato sulla meccanica dello Yahtzee, dalla durata piuttosto contenuta.

I giocatori, nella parte di investigatori dell’occulto (ciascuno con le proprie caratteristiche in termini di salute fisica, sanità mentale, dotazione iniziale e abilità speciali), si muovono nel museo di Arkham e sui dintorni alla ricerca di potenti artifatti (i segni degli antichi), per poter sigillare i portali ultraterreni ed impedire il risveglio di un Grande Antico (pronto a portare follia e devastazione sul nostro pianeta).

Il gioco procede in rapidi turni, in cui il giocatore sceglie una delle possibili avventure e la affronta a colpi di dadi, cercando di realizzare un certo numero di combinazioni (in stile Yahtzee) per completarla (ottenendo così una ricompensa, la cui entità è proporzionale alla difficoltà della missione stessa). Un suo fallimento comporta invece una penalità. Come è classico dei giochi della Fantasy Flight Games, tutta una serie di carte (acquisibili attraverso le missioni o altre azioni) permettono di piegare le regole a proprio vantaggio, aumentando il numero di dadi lanciati, modificandone i lanci, bloccandone i risultati per usi successivi). Ogni 4 azioni dei giocatori è il turno del gioco, che presenta degli ostacoli casuali (pescati dal mazzo dei miti di Cthulhu – che hanno un doppio effetto, uno dei quali interviene nel momento della pesca della carta, l’altro nel momento della sostituzione) a cui si sommano eventualmente altri effetti dovuti alle avventure non ancora risolte. Fra i vari possibili eventi negativi, il più rilevante è sicuramente l’avanzamento della fase di risveglio del Grande Antico, che comporta la fine del gioco con la sconfitta (sì, è possibile provare a combattere con la creatura, ma è solitamente inutile).

Il gioco ha dalla sua un buon ritmo, una durata contenuta, materiali di buona qualità, a cui si contrappongono una certa ripetitività (non c’è sostanzialmente arco narrativo: le avventure sono più o meno della stessa difficoltà dall’inizio alla fine del gioco), una componente di collaborazione assai limitata (alla fine ognuno prova le sue missioni in maniera spesso indipendente dagli altri) e, purtroppo, una eccessiva semplicità, che male si accorda con la generica sensazione di impotenza tipica della letterattura di H.P. Lovecraft, a cui il gioco si ispira: un gruppo di investigatori un poco accorti e con un minimo di conoscenza della statistica non ha in genere grandi difficoltà a vincere il gioco (anzi, fermare il Grande antico risulta poco più di una passeggiata) . L’espansione “Elder Sign: Unseen Forces”, uscita nel 2013, permette di variare in maniera modulare la difficoltà del gioco, senza renderlo comunque troppo cattivo.

Potete leggere una recensione di Elder Sign/Il Segno degli Antichi sul numero 23 di ILSA, completamente dedicato ai giochi collaborativi.