A quattro anni di distanza dalla precedente collaborazione, torna la coppia (autore/editore) Stefan Feld/H@ll Games con Aquasphere (aiutati questa volta anche da una campagna Kickstarter organizzata dalla Tasty Minstrel Games): dato il successo del precedente prodotto (Luna, 2010) non è certo stato difficile trovare partner per la distribuzione internazionale (in Italia ci ha pensato l’omnipresente Asterion Press… o dovremmo dire Asmodee Italia?). Innegabilmente, Feld è uno di quegli autori che “le azzecca tutte”, al punto che è difficile nominare un suo titolo che non funzioni come un orologio svizzero…

Il gioco
Aquasphere proietta i giocatori in una stazione di ricerca sottomarina dove i giocatori, nel ruolo di scienziati, programmano dei robot al fine di raccogliere ed analizzare un nuovo tipo di cristallo. Ogni giocatore è munito di un proprio laboratorio di ricerche, che può essere esteso, di una propria squadra di robot e di sommergibili, da gestire al meglio per superare in efficienza i team avversari.

Una partita si svolge su 4 turni, giocati su una plancia personale (con annesso il laboratorio), una plancia di pianificazione delle azioni (il cosiddetto Quartiere Generale) e una plancia centrale (il laboratorio di ricerca), composta da 6 settori. Seguendo l’ordine di gioco, i giocatori a turno eseguono una delle seguenti tre azioni:

Aquasphere-2– Programmare un robot. Può essere fatto in due modi: normalmente avanzando il proprio segnalino Ingegnere nei quartieri generali, dalla casella in cui si trova a una di quelle collegate dalla freccia, e eseguendo l’azione di programmazione della casella di arrivo (prendendo un robot dalla propria scorta e mettendolo nell’apposita casella di programmazione sulla plancia personale). Altrimenti, una volta per turno, spendendo 3 gettoni tempo, è possibile eseguire la programmazione senza spostare l’Ingegnere. Non si possono avere mai più di due robot programmati contemporaneamente. Si può sempre deprogrammare un robot (non è un’azione) per liberare uno spazio, guadagnando come rimborso 2 gettoni tempo.
– Eseguire un’azione di uno dei robot programmati. L’azione scelta verrà svolta nel settore in cui è presente il proprio Scienziato, che può essere spostato da un settore all’altro spendendo gettoni tempo (il costo di passaggio fra un settore e l’altro varia fra 0 e 2). Il robot programmato va al centro del settore, scacciando quello eventualmente presente (che finisce in una zona che ospita i robot allontanati, la quale si svuota parzialmente quando si supera un certo numero di presenze) e assumendo il controllo del settore. Esamineremo le azioni in seguito.
-Passare: se un giocatore non può o non vuole compiere nessuna delle due azioni precedenti deve passare, spostando il proprio Ingegnere sul primo posto libero della traccia che determina l’ordine del turno successivo.

Le azioni programmabili sono 7 (tutte si riferiscono al settore in cui si trova il proprio scienziato):
– Prendere una miglioria del laboratorio, che può alzare i limiti di acquisizione (carte, gettoni tempo, cristalli) o di rimozione delle piovre, oppure garantisce il controllo (temporaneo) di un settore e un bonus a fine gioco.
– Prendere la carta visibile. Le carte modificano a proprio favore alcune delle regole del gioco.
– Prendere i gettoni tempo (mai meno di due).
– Prendere i cristalli.
– Rimuovere le piovre (guadagnando punti vittoria).
– Piazzare un proprio sottomarino (al più uno per settore), guadagnando punti vittoria.
– Programmare un nuovo robot sull’azione indicata dal settore.
Aquasphere-3 Quando tutti i giocatori hanno passato, avviene una fase di valutazione intermedia, in cui i giocatori guadagnano un gettone tempo per ogni sottomarino piazzato sulla plancia, e punti vittoria per il controllo della maggioranza dei settori, il numero di robot operativi, il numero di cristalli immagazzinati, perdendone invece per la presenza di piovre nei settori controllati. Il tracciato dei punti vittoria è disseminato di checkpoint, che possono essere superati solo spendendo un cristallo o deprogrammando un robot.

Il gioco si conclude con una ulteriore valutazione, che fornisce punti bonus per la costruzione di alcuni pezzi di laboratorio, per il suo completamento o per aver messo un proprio sottomarino in ciascuno dei 6 settori.

Le impressioni
Inizierò dalle conclusioni: Feld non si smentisce nemmeno stavolta, e produce un gioco che funziona perfettamente. Aquasphere offre tutta una serie di linee di attacco, ciascuna con le sue forze e le sue debolezze, e l’impressione è che tutte siano armonicamente equilibrate, se i giocatori sono competenti. Giocare correttamente richiede una notevole adattabilità, dato che le carte, le migliorie per i laboratori e le stesse azioni nei quartieri generali sono distribuite in maniera casuale e nota soltanto all’inizio di ciascuno dei turni. La maccanica di programmazione dei robot è quindi principalmente un arguto escamotage introdotto per permettere cambiare l’ordine delle azioni estratte nei quartieri generali, adattandole ai propri obiettivi. Non è possibile rovesciare completamente tale ordine, ma le manipolazioni possibili sono comunque consistenti (e.g.: eseguire dapprima l’azione scelta per seconda, poi quella scelta per terza e infine la prima), trasformando l’effetto dell’estrazione casuale delle azioni sostanzialmente in una mutua esclusione fra le stesse. Un occhio di riguardo va dedicato ai gettoni tempo (che permettono un’azione aggiuntiva a propria scelta, una volta per turno), mentre l’azione di programmazione differita (basata sul settore in cui si trova il proprio scienziato) può risultare vantaggiosa in termini di punti vittoria, ma difficile da sfruttare al meglio.

Se lo scopo del gioco era quello di trasmettere l’oppressione di trovarsi in una piccola bolla di cristallo in fondo ad un oceano, allora dobbiamo dire che Aquasphere è perfettamente riuscito anche dal punto di vista tematico. Fin dall’inizio della partita, infatti, Feld rinchiude i giocatori in una scatoletta serrata, piena di vincoli, catene e laccetti; al giocatore il compito di districarsi, decidendo quali recidere e quali no. Senza la forza di una programmazione a lungo termine come succedeva in Trajan, dovendosi invece affidare a ciò che carte e tasselli estratti a caso concedono. Un ribaltamento, rispetto ad altri titoli dell’autore, che magari si accanivano contro le strategie dei giocatori, lasciandoli però liberi di costruire le loro strutture (come in Notre Dame o In the Year of the Dragon). Il che può restringere la platea di pubblico che lo potrà apprezzare: coloro che apprezzano la libertà di sviluppo nelle proprie partite non lo troveranno particolarmente entusiasmante. Per tutti gli altri, vale sicuramente la pena provarlo.