“Mauna Kea” di Touko Tahkokallio (HUCH! & friends, 2013): un semplice gioco di piazzamento tessere, esplorazione e recupero tesori che, sulla carta, ha tutto quello che serve per raggiungere il successo. Una ambientazione rodata ma d’effetto (archeologi in fuga dall’isola vulcanica in piena eruzione, facendo le soste obbligatorie per recuperare preziosissimi reperti), un set di regole semplici (con una variante per i giocatori più scafati), buoni materiali, una simpatica idea per la gestione dello spostamento delle pedine.
La partita inizia con gli avventurieri al centro di un’isola parzialmente esplorata, ai piedi di un vulcano in eruzione. La meccanica principale è incentrata sulle tessere paesaggio, che possono essere utilizzate sia per esplorare l’isola (mettendole su una casella vuota del tabellone), che per muovere i propri esploratori (ogni tessere riporta al centro il numero di punti movimento utilizzabili). Le tessere, composte da 4 caselle, ritraggono da uno a tre tipi di terreno: foresta (che richiede un punto movimento per entrarvi), laguna (ne servono 2) o montagna (non attraversabile, come la lava o le caselle occupate da altri giocatori).
Caratteristica degna di nota (per motivi tattici che discuteremo in seguito): le tessere con maggior numero di foreste sono quelle che forniscono il maggior numero di punti movimento. Durante gli spostamenti si possono raccogliere e trasportare fino a tre cubetti artefatto, casualmente disposti sul tabellone all’inizio della partita, che possono avere 3 valori diversi. Scopo della fuga: raggiungere una delle otto barche ormeggiate sulla spiaggia, idealmente trasportando sufficienti tesori da riempirla completamente.
Il turno del giocatore si conclude ripescando tessere fino ad avere almeno 5 punti movimento. Mescolate alle tessere territorio/movimento ci sono tessere lava che, una volta pescate, vengono posizionate sul tabellone, rimuovendo eventuali tesori/esploratori presenti nelle caselle. Il posizionamento avviene con un algoritmo predeterminato, senza alcuna possibile scelta da parte dei giocatori. Il gioco finisce quando un giocatore rimuove il suo ultimo esploratore dal tabellone. Dopo un turno finale si calcola il punteggio, in base agli avventurieri salvati, i tesori recuperati, meno gli spazi rimasti vuoti sulle barche utilizzate per la fuga. Una versione avanzata prevede l’uso di carte con abilità speciali e bonus, ma con una più rapida diffusione della lava, in quanto le tessere usate per il movimento non vengono rimesse nel sacchetto.
Mauna Kea è chiaramente progettato per un pubblico familiare: utilizza meccaniche semplici e teoricamente ha un basso grado di cattiveria (dato che è impossibile controllare l’avanzata della lava, come succede ad esempio in The Downfall of Pompeii di Klaus-Jurgen Wrede).
In realtà, la possibilità di utilizzate le tessere con territori difficilmente attraversabili (che forniscono 1 solo punto movimento) in maniera molto aggressiva per “bloccare” gli esploratori degli avversari (in attesa che poi la lava faccia il suo corso distruttivo) può rendere il gioco estenuante e gratuitamente cattivo, causando la fine di alcune partite con l’assegnazione di pochissimi (o nessuno) punti vittoria. Il grado di aleatorietà è elevato (specie se si gioca in 4, situazione in cui si ha l’opportunità di muovere ogni 4 pescate e possibili estensioni del magma). La versione avanzata è ancora più casuale perché, data la rapidità con cui si muove la lava, diventa fondamentale la mano di carte assegnata all’inizio del gioco.
Insomma, il titolo ha tutta una serie di difetti, fatto ancora più sorprendente se si pensa che l’autore è Touko Tahkokallio, sicuramente non un principiante della scena autoriale.
Inadatto ai giocatori, a gruppi familiari con bambini, forse godibile da giocatori occasionali amanti delle cattiverie e dei giochi fortemente caotici. Non mi sento di consigliarlo.