I giochi di Wallace mi piacciono quasi sempre. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, tendo a scegliere bello convinto dalla lettura delle regole giochi che poi mi deluderanno (Tinner Trail, Rise of Empire, Tempus), tralasciandone invece altri che poi mi piaceranno (Automobile). Anche con London la faccenda si è ripresentata.
Il gioco ci dà fondamentalmente 3 modi di investire il nostro turno:
– giocare carte di fronte a noi, scartando una carta dello stesso colore per ogni altra giocata, costruendo la nostra personale “città”;
– comprare un quartiere sulla mappa investendo i soldi guadagnati per avere in cambio punti vittoria e nuove carte, in rapporto diverso a seconda del quartiere scelto;
– far girare la nostra città.
In quest’ultima opzione ovviamente sta tutto il succo del gioco, visto che gli edifici possono avere effetti molto diversi.
Con gli edifici che caliamo dovremmo infatti ottenere i soldi che ci serviranno per comprare nuovi quartieri e calare carte che hanno un costo in denaro. Per quanto, quindi, gli edifici valgano spesso punti vittoria o permettano di guadagnarli, se non si fanno girare edifici che regalano soldi ci troveremo severamente castrati nelle scelte, se non costretti a richiedere un prestito da ripagare a caro prezzo (5 soldi più di quelli “guadagnati”, stimabili in 2 PV e mezzo a fine gioco) prima della fine della partita o incorrere in una penalità di addirittura 7 PV! Nelle nostre partite infatti non è raro che gli scarti siano spesso composti da edifici costosi che regalano molti punti vittoria. L’altra sera stavamo giusto chiedendoci se ha senso invece tenerseli in mano per quando li avremo. La mia risposta personale risposta, con la mia attuale esperienza, è no, ma non è questo il punto dell’articolo. La povertà di cui voglio parlare è invece l’altra. Quella misurata in eccesso di cubetti neri, invece che in mancanza di dischetti plasticosi.
Quando fate girare la città infatti il gioco in genere vi regala dei neri cubetti povertà in numero pari alla differenza fra le pile di carte edifici che compongono la vostra personale metropoli + le carte avanzate in mano e il numero di quartieri posseduti sul tabellone. Questo numero è in genere sempre positivo vista la difficoltà di acquistare quartieri e la tendenza a calare più carte possibile davanti a noi, costringendoci prima o poi a costruire edifici che permettano di smaltire qualcuno di questi cubetti, pena la perdita di PV a fine gioco. Meglio accumulare povertà che… cadere in povertà (cioè rimanere senza soldi), intendiamoci, ma accumulare troppi cubetti tende a convincere gli altri giocatori al tavolo a donarvene altra tramite quei pochi edifici “cattivi” che il gioco regala, allo scopo di aumentare esponenzialmente la vostra perdita di PV a fine gioco, che è sancita da una tabella che suggerisce di non allontanarsi troppo dal numero di cubetti accumulati dal giocatore che ne ha meno.
Una volta che ci si mette nell’ottica di evitare questa escalation di povertà ci si accorge che la scelta dell’azione da fare nel turno è abbastanza obbligata:
- comprare quartieri due volte di fila ha in genere poco senso perché rischiamo di ritrovarci con in mano più di 9 carte e doverne buttare;
- calare le carte e poi riacquisirle senza far girare la città ha ugualmente poco senso: se non le caliamo prima di far girare la città si convertiranno in povertà mentre se le caliamo prima probabilmente ci troveremmo ad aumentare il numero di pile di carte condannandoci ad una produzione maggiore di povertà per il resto della partita.
- far girare la città 2 volte di fila o più ha senso solo con edifici particolari che non diventano inutili una volta usati e, a meno di non averne la città piena, risulta comunque una mossa subottimale, in genere.
Per giocare in modo strategicamente intelligente quindi ho l’impressione si sia incatenati nella scelta di una continua sequenza calare carte, far girare la città, comprare quartiere che mantenga la larghezza della propria città nell’ordine delle 4/5 carte (quante se ne riescono a calare al massimo in una singola azione, tenendo conto il limite di 9 carte a fine turno e il fatto che sia necessario scartare una carta per ogni carta giocata) e la propria mano sempre sgombra o quasi ogni volta che si attiva la propria città. Ogni qualvolta che qualcuno è uscito da questa sequenza di azioni non mi è parso andare incontro a grandi risultati nel punteggio finale. Anche senza tener conto del fatto che è anche finanziariamente difficile sostenere un approccio diverso perché c’è la necessità di usare i propri edifici proprio per procurarsi il denaro necessario a fare le altre 2 azioni. Avendo un gruzzolo di soldi da investire porta poi più facilmente a comprare quartieri e/o edifici più costosi e ricchi di PV in dote.
Rimane molto da fare e da gestire nel gioco e questa costrizione dettata dal buonsenso strategico non lo uccide certo, ma è bastata per deludere anche stavolta le mie aspettative di “gioco super”. Sono destinato all’insoddisfazione 😉
Non mi da’ soddisfazione a giocare a questo gioco…
Per questo non lo compro…